Iole Chessa Olivares

Curriculum Vitae

Iole Chessa Olivares, nata a Cagliari, vive e lavora a Roma.
Ha al suo attivo diverse pubblicazioni di poesie, tra cui :
" Lente apparizioni "1991 - Firenze libri;
" Di baleni una rapsodia" 1993 - Cultura 2000;
"Oltre il sipario" 1996 - Montedit;
"Nella presa di un ora "" 2000- Montedit;
"In piena sulla conchiglia" 2002 – Pagine;
“Quel tanto di rosso” 2007 - Terre Sommerse;
“La Buccia del grido” 2008-Edizioni Lepisma

E' presente in numerose antologie di poesia contemporaneafra le quali
ricordiamo in particolare "Fioretti giubilari",presentata dal Cardinal Paul Poupard a Giovanni Paolo II.
Poeti al Caffè Greco editore Lepisma,
Antologia della letteratura italiana del XX secolo, edizioni Helicon ;
Dossier poesia,Book editore; Storia della letteratura italiana, il II ‘900 ,
Guido Miano Editore; Cento poeti per il terzo millennio,Il Convivio edizioni;
Le parole della vita ,Book editore; Un orizzonte di voci, Book editore;
Il calamaio 2004, 2005 Book editore.
Dal 1993 collabora a programmi culturali presso emittenti private promuovendo
in particolare la poesia.
Nel 1998 , con il Gruppo "Camilla Ravera" dell'Unione Scrittori ha iniziato gli incontri
allievi - insegnanti nelle scuole di Roma e provincia con risultati incoraggianti che
ancora oggi portano l'autrice ad avere rapporti con gli Istituti scolastici.
Per la poesia, ha ricevuto premi e riconoscimenti, fra i quali citiamo soltanto
i più recenti :
Val di Magra - R. Micheloni" 2001;
"Pagine di poesia" 2001;
"Anco Marzio" 2003;
"Città di Licenza" 2003;
"Spazio Donna " 2004;
"Valle dell'Aniene" 2004;
"Le rosse pergamene" 2005;
"Tindari " 2006;
"Premio Municipi di Roma" 2006
"Mondolibro" 2007;
"Hotel Miramare" 2007
"Calabria-Stalettì" 2007
"Maestrale-San Marco" 2007;
"Sant’Ambrogio" 2007,
"Università La Sapienza"- Roma 2007
"Albatros"- Napoli 2008
"Circolo Filologico Milanese" 2008
"Elefantino d’argento" 2008
"Estate Romana" 2008
"Centostazioni" 2008
Delle sue attività si sono occupati poeti, narratori, critici militanti come Lina Riccobene;
Maria Marcone; Francesco Dell'Apa; Pierfranco Bruni; Stefano Valentini; Domenico Cara; Donata di Bartolomeo; Francesco Grisi; Pino amatiello ; Vito Riviello ;Giovanni Amodio; Angelo Manitta; Italo Evangelisti; Plinio Perilli.


La buccia del grido

Pure fa eco
Quella gola che urla
E, forse, ancora vale
La sua attesa più in alto
Sulle perdute colline.
Va incontro a se stessa.
Mulinando la buccia del grido
Passa avanti alle lacrime,
incalza a ridere
il meglio di sé.
PRENDE LUCE DALLA FINE/OGNI VIAGGIO  
Iole Chessa Olivares, la poesia della polvere
Crudezza di stile, d’immagini e sincerità di accenti caratterizzano l’ultima silloge poetica di Iole Chessa Olivares intitolata “La buccia del grido” (Lepisma Edizioni) che seduce il lettore immediatamente per lo stile asciutto, pacato e determinato.
E’ tempo di bilanci, di consapevolezza estrema, soprattutto tempo di dolore, di “doglie”, di spina d’arsura. L’urlo urge nella gola e anela ad essere espresso: sbucciato come un frutto, esso appare in tutta la sua nudità, integrità ed essenza.
Ma non per questo finisce il tempo dell’indagine e il cammino in cerca della giusta dimora continua, sempre aperto al nuovo, ché anzi spesso nelle liriche si parla di risurrezione e di rinascita. Ed è per questo che nel libro - diario di un’anima che si perde e si rinnova nella febbre - abbonda l’area semantica relativa al viaggio (In cammino), andando di volta in volta ai sostantivi quali “piede” o “passo” o “erranza”, ad aggettivi quali “ramingo”, all’uso di verbi quali “andare”, “passare” fino alle metafore della “strada” e della “polvere” (La giusta dimora, L’altra).
Metafore queste ultime che riconducono al tema della ricerca del senso della vita, sofferta sì, ma che non indietreggia mai davanti alle esigenze del cuore, certa di difendersi con in tasca farfalle/pronte ai rumori di fondo, di poter sempre sognare e sperare. Accorata, allora, la poesia di Iole si fa interprete della condizione umana. E, infatti, dice bene Dante Maffia quando individua nell’altalenare tra buio e speranza una delle componenti della raccolta.
Su tutto trionfa la parola alla quale è dedicata un’intera sezione del libro (La parola screziata).
La parola -la parola che salva- giunge da lontano, s’insinua, s’inchioda nell’anima, sa arrivare alla giusta meta, al poeta che scandaglia l’inconscio mentre viaggia in se stesso. L’artista sa osare, spiare l’altrove, nel desiderio d’essere tutto.
Anche nell’attesa malinconica dell’incontro commiato, anche nel giungere dell’ora estrema, sul confine, sul limite, la parola calza, incalza e, stremata, è accolta sul labbro sereno.
Iole -e noi con lei- sa che il canto, con i suoi paramenti bianchi a lutto, avanzerà in ogni caso ma che saprà vibrare su corde insperate. Perché questa è la forza perenne del canto. Perché esso nasce, cerca la sua strada, prova a conoscere l’approdo della voce misurata. Il vivere allora si fa, nel precipitare dei giorni, nella noia, nell’abitudine, attesa paziente e silenziosa nel presente vissuto senza incanti eppure con convinta speranza (Mai pentita speranza), senza più fronzoli né superflue vittorie. In solitudine, ognuno vive l’eterno girotondo della vita e, con la fatica e la consapevolezza di Sisifo, porta il proprio fardello di stanchezza, di sofferenza, d’indifferenza talvolta, con la schiena curva, annaspando. Ma il solitario andare di ciascuno di noi è l’andare dell’uomo che pure inesausto cerca possibili spiragli di luce e li trova grazie alla poesia.
Quella di Iole Chessa Olivares è una poesia che convince, fatta di interiorità intrecciata a stati d’animo infuocati e teneri allo stesso tempo, poesia dell’anima che si cerca e si trova nella parola che spazza via soprusi e lutti per cercare e trovare, al di là di se stessi, giusta misura e armonia (In grembo all’armonia).
Fausta Genziana Le Piane


LA GIUSTA DIMORA 

Si disfa per me la strada,

a capo chino cerco giusta dimora

per il piede in lamento,
per il sogno scomposto
battito ritornante sul mio passo.
Ma,rapida,
un po’di luna addosso
m’illimpidisce,accorda l’occhio
all’esodo calmo e uguale
della polvere 
Iole Chessa Olivares
Poesia"
Agosto 2008
San Giovanni Suergiu "Biennale della Poesia"
Agosto 2008


La Poetessa riceve il premio alla carriera
dal sindaco dott. Enrico Piras e dal Poeta Cav.Claudio Moica
Presidente e Fondatore dell'Associazione culturale
"Suergiu uniti nella cultura"


ALCUNE SUE POESIE

 Attendo Parole

In questo tempo logoro, slabbrato
Tempo di pace negata,
attendo parole offerte come il pane.
Insegna ad aspettare il silenzio
Anche se, da qualche parte,
so è perduta l’alba,
nulla più ci soccorre..


Attendo parole e …intanto
Alleno lacrime
Di mai pentita speranza,
uccello di passo, nel sempre uguale.


L’Ala Distesa

Sazi di melodia
in altalena
saliamo e scendiamo
in cuore
orfico il respiro
pulsa, chiama in sintonia.

Così raccolti,
quasi angelicati
da noi stessi
esumiamo effimero
il volo degli aironi,
in silenzio
perché l’ala distesa
non fa rumore.
Roma giugno 2002 : Premio Pagine editore .Luciano Lucarini , Miranda Clementoni e la vincitrice Jole Chessa Olivares

Il cuore e lo zenit

Tiene d’occhio
il cuore
un vertice vagante.

Nell’Uno Intravisto
non mette ali,
randagio, tatuato di tremore
brucia ogni aurora,
s’accomoda effimero
nella sosta d’un perdente,
sbiadito arcobaleno


La Pausa

Cerca una pausa
la corsa libera
della rivalsa
-una pausa celeste-
armonia
di ciò che diviso
si contrappone.

Nella cura
di sguardi e di sospetti,
palpebre mutate
assecondano dell’aria
un’alchimia più vasta,
l’ultima verità
a occhi fissi
su una maschera
levigata all’osso
per l’estremo sigillo


Una Vaga Quiete

Mi difende
una vaga quiete
nell’assurdo del cuore:
sboccia provvisoria,
dondola in punta di voce
sullo scempio
di un passo affrettato.

Mi difende
con in tasca farfalle
pronte ai rumori di fondo,
al graffio del pesco,
ad altre mutazioni di pelle.


Quel piccolo gregge

Quel piccolo gregge
che si chiama e si risponde
da lontano non guarda
l'arco del cielo:fedele al poco,
con umile lingua trascina
la vita sul verde pendio
al limitare del rovo
senza un fiato mancato,
senza mettere in salvo il suo sole,
senza che il suo tempo
conosca tempo


La compagna
(a mia madre)

Scivola via il confine tra me e te,
non conta più nulla e mi ritrovo
a essere te in una vita che tu più non hai
e mi ritrovo ferma, potente, come tu eri
e riempire l'aria e mi ritrovo ferma,
potente come tu eri a cercare "il bene"
pur nella "porta stretta" del mondo.
Tutto questo è istante, è attimo all'ultimo
culmine: pioggia improvvisa la solitudine gela,
percuote la schiena, allunga restringe il respiro,
con mano ritorta apre le braccia-croce, si fa
compagna celeste negli abissi dolorosi dell'assenza.
Ci saranno in me altri risvegli ma l'addio
rimarrà nell'aria con il suo fazzoletto bianco
preludio desolato a ogni lacrima della tua stella 
Roma settembre 2003 Premio De Curtis. 
La poetessa riceve l’ambito riconoscimento.
Al tavolo,tra gli altri,Luciano De Crescenzo e Angelo Blasetti.

“ C’è l’io, l’io dell’incontro col mondo grande e terribile di gramsciana memoria. E
non è un caso, perché la laica eticità di Gramsci si incrocia nei versi della Chessa Olivares con l’esistenzialismo cristiano e la testimonianza cattolica.”
ITALO EVANGELISTI

La poesia di Jole Chessa Olivares nel suo modo transitivo, diretto, ci trasmette verità a sogno, realtà fenomenica e realtà noumenica a confronto ravvicinato per cui il soggetto poetico e l’oggetto natura-uomo-storia si identificano sovrapponendosi in un amoroso cosmico amplesso.
E’ il miracolo del suo linguaggio che sotto la ricercatezza formale cela significazioni profonde d’interesse universale. Da questa poesia si acquisisce la certezza che c’è una spiaggia per ogni disperazione, un “ oltre” inteso come dissolvimento ma anche come “ inizio".
Nella poesia di Jole è Amore anche la sconfitta.
PINA MAJONE MAURO
( Dipinto dell’esimia Artista Elena Shumakov)

1^Premio Editoria per le Arti Letterarie
"Sanremo Arte 2000"
ALL'ILLUSTRE POETESSA
IOLE CHESSA OLIVARES


LA DEVOZIONE A ESSERCI

(Dedicata alla vita)

Nello sperpero di tinte
allontana il tempo
nuove possibili primavere
forse il sorriso
con allusiva clemenza
lascia al labbro
-appena nascosto tra i denti –
un anticipo di cenere.
Eppure, del tutto non s’estingue
la devozione a esserci
un filo d’anima alla volta
svaria, si dipana tra i riflessi
anche i meno leggiadri,
alle pieghe del cuore arresi
senza nido
per malia di una smerlo inatteso.
Avanza la devozione,
avanza soave e … non s’adombra,
porta con sé le molte ore infrante
sul bisbiglio dell’ormai
e vivo, soccorrevole
il richiamo
d’una smisurata altezza
mai troppo lontana.


Nel bazar

E... continua la vita
sulla faccia disfatta
sull'osso in silenzio
nel roveto di voci
ma non basta a infilare
la svolta a chiudere
l'uscio al Bazar.
Un segnale, un accenno dimesso
appare, scompare, riappare
al chiasso resiste, sale
esultando su un trono da RE.
Accostati, accostati ancora
chiedono i giorni sospesi
nel cielo, accostati, accostati
solo di un niente grida
il cuore smarrito e una rondine
alla ventura di nuvola in nuvola
lontana, s'apposta al confine
ma con dolore reclina
all'abbandono celeste, all'oblio
che non tarda, all'oblio che insaziato
ricolma e guarisce.

Tracce

Tracce d'intoccabili
radiose meraviglie
guidano l'algido distacco
dal guscio vuotato
dal franare di universi
nel molle passo del cosmo.
È l'azzeramento
di ogni trasalire,
è l'istante supremo
in cui si dice "si"
al seminatore di stelle
nostro dirimpettaio.

Vorticare di uccelli

Vorticare di uccelli
nel cielo
in chiassosa allegria
ricama scuri ruscelli,
cupe cascate nell'infinito
svelando pure armonie
sconosciute agli uomini
divisi in gelosi silenzi,
commossi e impotenti
all'amore dell'Eterno
che non vuole risposta.

Sono quei pochi passi... 
Sono quei pochi passi
l'unico viaggio
il solo seme nel nostro esistere.
Tra le orme nascoste
brillio di fuochi fatui
aurore vaganti
per farsi Paradiso.
Lenta s'impiglia la libellula
ma pur straziata fila e disperde
casti languori, antiche malie.
E la vera festa?
Non è qui.
Abita un respiro sempre uguale,
non sa la risacca del cielo.

Nel tempo volto altrove...


Nel tempo già volto altrove
luna calante, litanie
in bisbiglio: spegni il fuoco
della conchiglia, sulla l'allodola
che sa l'inverno, stana
l'insano lutto dell'anima,
il vecchio relitto vagherà
per poco nell'afa che smunge,
presto, senza codazzo, arriverà
all'acqua sparviere, all'acqua
che presidia il fondo e la battigia,
nel via vai nulla ha da dire,
non accoglie riverenze.
Davanti al bambinello

E... venne il Verbo
al suo cuore
e fu il primo risveglio
per la cresta del sonno
e fu la prima breccia
nella torre di spade.
Arrossendo d'amore
ogni sorgente chiamò a raccolta
in grembo all'armonia
e tutto ancora aduna e sospinge
sulle corde di un'arpa
suonata solo dalla luce del Vero.