Dipinto dell'esimio Artista Franz Dvorak (1862 – 1927 |
Pomeriggio di maggio (alla Vergine)
Musica del vento
batter di foglie e steli
ai chiari spazi sonori
d’ombre e riverberi
armonia di forze che cedono
e si contrappongono appassionatamente -
fragoroso silenzio di vita…
Teneri fiori nella frescura avvampano
di chiare fontane ove l’acqua ricadendo in più punti
negli ovali di pietra si fa Parola e del suo mite discorso
nulla di sensato giunge all’estraneo
dall’inviolato giardino.
Qui fra bianche rocce riposa il mio cuore.
Non mi chiedo dove sei,
quanto ancora al nostro abbraccio.
Colmo d’infinito alita il tempo
e tra le pause del respiro e rose odorose
trattiene il suo passo.
Ma non per la rosa né per la viola sostano
stupite le ore accanto a me.
Come profumo che trabocca, raggio che risuona,
Tu sei qui nell’attimo che perdura.
Ventidue maggio
Una campana risuona nella valle
a tratti dalla brezza effusa.
Un’altra si desta e lieta da lontano l’incalza
un’altra ancora, ampia e chiara,
a distesa le fa eco.
Mi fermo, dall’ineffabile richiamo attratto:
quale gioia, quale morte,
fra le volte sonore dei rintocchi.
Incisi il tuo nome in terra sacra
prima ancora che altrove
si spargesse la notizia.
Le campane, che sempre muove
lo Spirito, con voce più profonda
mi portarono l’annuncio.
Meravigliarmi forse dovrebbe
che ora un sole abbagliante prodigano
i campi roridi d’acqua?
Contemplo d’intorno la vita, che solo prima
un temporale attutì e disperse,
ravvivarsi come per incanto
allegra, irriducibile: la vita,
che ogni volta da un piegarsi nella sera
trae nuovi inizi d’alba.
Meravigliarti forse dovrebbe
che ora un pianto celo nel sorriso?
In terra sacra quel giorno ho inciso
il tuo nome accanto ad altri più antichi
in silenzio e con mano tremante:
ma tu dormi tranquillo, amico mio,
non è il mio cuore abitato
da assenze – vie lo trapassano,
lastricate d’eterno.
La Consegna
Hai mai teso l’orecchio
nella notte ad origliare
fin nel più segreto dei tuoi battiti
l’istante in cui Eternità irrompe?
Con che meraviglia, allora,
ti toccheresti il viso…
Un giorno illimitato sorge
quando ciò che ti pervade a un tratto
come campana festiva ti desta
e una profondità d’azzurro imprime
perenne nell’anima cava e dilatata.
Cosa vive in te che ti travalica?
Quale suono, quale profumo,
quale volo o nome? Speranza, amore, dio?
Invano tenterai di serrare le palpebre per trattenere
la ferita di luce che dal tuo centro erompe:
più viva traboccherà nel bagliore di un sorriso.
Non chiederti perché: la fronda nel vento laggiù
e la penna sul tavolo accanto, questa mano tesa
dal passato che immemorabile si sporge e te stesso
siano ora la medesima cosa:
tutto in uno, tutto indicibilmente uno!
Non chiederti perché, serba cara
quest’ora estiva per gli inverni che verranno.
E ora che sai: alzati, cammina,
i mattini ti attendono, e notti, nubi
senza cielo e senza luce simili a volti,
- dei volti soprattutto abbi cura -
e ricordati del chicco di grano.
Tramonto
Soggiogato dal Visibile
infinite volte morii
prima che T’incontrassi.
Ora muoio per ciò che non vedo
e vivo, libero,
del Tuo più intimo sorriso.
© Daniel Dominique